Il mercato mondiale del caffè torrefatto nel 2022 è valutato in circa 120 miliardi di dollari e rappresenta consumi pari a 170,8 milioni di sacchi da 60 kg, equivalenti a 3,1 miliardi di tazzine bevute ogni giorno su scala globale. La prospettiva è quella di un aumento regolare delle quantità, con tassi di crescita compresi tra l’1% e il 2% che porterebbero a un consumo fino a 208 milioni di sacchi nel 2030, circa 3,8 miliardi di tazzine al giorno, a riportare i dati l’Area Studi Mediobanca
I primi dieci produttori di caffè soddisfano poco più del 35% della domanda mondiale, di cui il 16,1% è in capo ai due leader mondiali: l’elvetica Nestlé e l’olandese JDE Peet’s. Nel novero dei principali produttori mondiali rientrano le due italiane Lavazza e Massimo Zanetti Beverage Group che insieme rappresentano il 4,1% della torrefazione del green coffee globale.
ARABICA O ROBUSTA?
Sebbene siano note circa cento varietà di caffè, due sole hanno rilevanza commerciale, l’Arabica e la Robusta. Nel 2022 l’Arabica ha rappresentato il 56,2% della produzione mondiale, ma nel tempo la qualità Robusta ha incrementato la propria incidenza dal 39,2% dell’annata 2012/2013 al 43,8% di quella riferita al 2021/2022, grazie anche a una maggiore resistenza climatica e ai parassiti oltre che a una resa produttiva superiore.
IL 70% DEL CONSUMO È LONTANO DAI LUOGHI DI PRODUZIONE
I Paesi produttori di caffè si concentrano tra il Centro e il Sud America con il 57,7% del totale mondiale, quelli asiatici/oceanici detengono il 30,8% della produzione, il resto proviene dall’Africa. Il Brasile, che è il primo produttore del pianeta con il 34,8% del mercato, detiene la leadership nella produzione di Arabica con il 40,9% ed è il secondo attore per la Robusta (27,8%). Segue il Vietnam con il 18,9% del totale, ma con il 39,1% della produzione di Robusta dove risulta il principale produttore.
Ma gran parte dei consumi avviene lontano dalle aree di produzione. L’Europa infatti è il maggiore consumatore con il 31,7% del totale mentre il Nord America ne copre il 18,7%. Le aree restanti sono al contempo luoghi di produzione e di consumo: l’Asia/Oceania con il 23,9%, l’America centro-meridionale con il 18,8% e l’Africa con il 6,9%. La mancata coincidenza tra aree di produzione e consumo spiega perché oltre il 70% del caffè prende la strada degli scambi internazionali che nel 2021 hanno toccato i 29,2 miliardi di euro, capeggiati dal Brasile con 4,9 miliardi, il 16,9% del totale davanti alla Svizzera con il 10,4% delle esportazioni mondiali. D’altra parte, diversi Paesi produttori – che partecipano marginalmente alla catena complessiva del valore – stanno cercando di scalarla proponendosi anche nel ruolo di torrefattori.
DOVE E COME SI BEVE IL CAFFÈ IN ITALIA
In questo quadro, l’Italia riveste un ruolo di primo piano, innanzitutto come Paese consumatore: è il settimo al mondo con 5,2 milioni di sacchi annui, circa 95 milioni di tazzine di caffè sorseggiate ogni giorno, circa 1,6 per abitante. In termini pro-capite, sono notoriamente i Paesi del Nord Europa a presentare i livelli più alti: 4,4 tazzine quotidiane per la Finlandia, 3,2 per la Svezia e 2,6 per la Norvegia.
Nonostante la radicata consuetudine del ‘caffè al bar’, il consumo domestico nei Paesi dell’UE-27 rappresenta il 79% del totale, arrivando all’82% in Italia. Infatti, la GDO italiana canalizza oltre la metà dei volumi di caffè torrefatto venduti, con un ulteriore 20,6% veicolato dal dettaglio tradizionale, dai negozi specializzati e dall’e-commerce. Il restante 25,2% si ripartisce tra alberghi, ristoranti, caffetterie e catering (15,4%) e distributori automatici e Office Coffee Service (9,8%).
Sebbene in Italia il caffè macinato in sacchetti resti il preferito con il 73,6% dei volumi totali venduti nella GDO, cialde e capsule vi incidono per il 16,2% e rappresentano il segmento maggiormente dinamico (+18,8% tra il 2020 e il 2021), anche grazie alla diffusione delle capsule compatibili. Gli altri formati (in grani e solubile) sono meno apprezzati nel nostro Paese.
IL CAFFÈ ITALIANO: ORO NERO, MA IRRINUNCIABILE
Il prezzo medio di vendita nella GDO italiana è pari a 12,1 euro al kg. Le comparazioni internazionali indicano che in Italia esso abbia un costo del 50% superiore ai principali Paesi consumatori. Molto dipende dalla qualità e dal fatto che i diversi formati hanno quotazioni molto differenziate: nella GDO italiana il macinato in sacchetti quota 7,9 euro al kg, cialde e capsule sono prezzate 31,3 euro al kg, il caffè in grani si vende a 8 euro al kg, mentre il solubile riporta un prezzo medio di 20,2 euro al kg. Inoltre, il fattore costo non sarebbe così determinante in Italia: il ‘rito del caffè’ è profondamente radicato nel nostro Paese, tanto da renderlo poco elastico al prezzo e inattaccabile dai succedanei (tè, orzo e altre bevande calde).