L’arte culinaria è a tutti gli effetti assimilabile ad altre manifestazioni artistiche e creative. Eppure, in questo settore non c’è ancora pratica di valorizzazione economica della fantasia. Supponiamo che un ristoratore metta in carta un piatto uguale ad una ricetta originale di un altro chef, magari senza rilevare la provenienza dell’idea o, peggio ancora, sostenendo che l’idea sia farina del suo sacco. Sarebbe normale che lo chef imitato si tutelasse dal plagio, essendo l’arte culinaria assimilabile a tutti gli effetti ad altre manifestazioni artistiche e creative e quindi degne di difesa degli sforzi di immaginazione. E invece no. Ciò non avviene, anzi. Nel caso degli chef o dei cuochi non c’è pratica di valorizzazione economica della fantasia o dell’immaginazione.
Con la crescente attenzione mediatica nei confronti dell’alta cucina, sono sempre di più i maestri dei fornelli che cercano protezione legale per l’unicità delle loro creazioni. Come si tutela l’ingegno tra i fornelli? Come si difende l’originalità di una ricetta, la sua unicità e, dunque, anche la sua irripetibilità? E come si difende la bellezza di piatti che ormai sono sempre più assimilabili a quadri, a opere d’arte, a vere e proprie pennellate d’artista?
I principi su cui si fonda tale tutela sono sanciti dalla legge sul diritto d’autore n. 633/1941 (“l.d.a.”). Secondo tale legge, tutte le opere dell’ingegno, tra cui quelle del disegno e/o delle arti figurative e similari, che presentino nella loro rappresentazione estetica un carattere creativo minimo – oltre che le opere del design industriale ove il carattere creativo sia affiancato anche da un valore artistico – sono tutelabili.
Il diritto dello chef
Si può dunque sostenere con fermezza che le opere culinarie degli chef, ove presentino un minimo di creatività, possono essere tutelate in quanto equiparate ad opere delle arti figurative, del disegno e/o della scultura, i cui colori e/o forme sono realizzati con alimenti al posto di materiali non commestibili quali ad esempio tempere, pitture, tele, ecc. Presentare il cibo è oggi inteso come una forma d’arte: gli chef si concentrano oggi sui dettagli dell’impiattamento. Il mercato evidenzia dunque un bisogno di protezione degli chef sempre più incessante e si avverte la mancanza di una adeguata protezione che invece sembrerebbe essere ben delineata.
L’origine del diritto d’autore in cucina
L’origine del diritto d’autore per gli chef pare risalire al 510 a.C. con la legge di Sibari che recita: “qualora un ristoratore o un cuoco inventi un piatto originale ed elaborato, nessuno altro che l’inventore è autorizzato ad utilizzare la ricetta, prima che un anno sia passato, in modo tale che l’inventore abbia il diritto esclusivo di ricavare un profitto da esso all’interno del suddetto periodo, e in modo da indurre altri a fare uno sforzo e a distinguersi per le invenzioni nello stesso campo”.
Il cambio di rotta
Proprio sul diritto morale la Corte Suprema di Cassazione (sentenza n. 18220/19) si è espressa recentemente accogliendo l’interpretazione normativa dei professionisti dello Studio Barbone & Tassone Intellectual Property. Tale pronuncia ha cambiato volto al diritto d’autore. Una sentenza importante a tutela degli autori di qualsiasi settore. Non è infatti piacevole per uno chef e per qualsiasi altro autore veder riprodurre da altri la propria creazione senza che sia fatto minimo cenno al creatore dell’opera e che ne sia riconosciuto lo sforzo creativo.