Intervista a Enzo Gambin, tecnico agroalimentare.
A pochi giorni dalla chiusura dei mercati e della produzione delle ciliegie, è arrivato il momento di fare un bilancio annuale.
La produzione delle ciliegie, quest’anno, ha vissuto un momento di buona fioritura: si è assistito, infatti, a un’elevata crescita del prodotto in termini di quantità, arrivando a toccare una soglia di produzione altissima, pari a circa 162.000 quintali a Verona e provincia. Un volume visibilmente importante, che ha contribuito a posizionare la città di Verona fra le prime a livello nazionale, con un fatturato che supera i 30 milioni di euro.
Se quindi, da una parte, l’aumento della produzione rappresenta senza alcun dubbio un aspetto positivo per la commercializzazione del prodotto, non si può dire lo stesso riguardo l’avvenuta diminuzione del diametro delle ciliegie, fattore che ha creato delle notevoli difficoltà ai cerasicoltori di tutta Italia.
A fronte di queste considerazioni, si può dedurre che la cerasicoltura abbia davanti a sé un futuro promettente ma è necessario attuare una riprogettazione per il rinnovo delle varietà, migliorare il posizionamento delle coltivazioni storiche (conosciute come “durone”) e, soprattutto, certificare le ciliegie attribuendogli un’indicazione geografica protetta. Ecco, quindi, quelle che sono le necessità più impellenti per riuscire a commercializzare questo frutto e a valorizzare la produzione della ciliegia delle colline veronesi.
Inoltre, alla ciliegia va riconosciuto un importante valore ambientale e paesaggistico perché, trovandosi inserita all’interno di aree collinari e pedecollinari, essa riesce a creare un aspetto visivo-architettonico davvero scenografico, andando così ad aumentare la bellezza del paesaggio circostante.
Infine, questo frutto ricopre anche un ruolo socio-economico fondamentale: sono circa 1600 le aziende agricole di Verona e provincia coinvolte in questa attività e ben cinque i mercati di produzione.