Conosciuta comunemente come “sardina” per la sua particolare forma, è in realtà un agone (“Alosa fallax lacustris”), dotato di un corpo allungato e piatto e di un dorso verdastro a macchie nere, fianchi e ventre chiari e una pinna dorsale molto breve. Gli esemplari più comuni raggiungono una lunghezza di venti centimetri. Sale, sole e olio sono i tre fattori che entrano in gioco nel processo di essicazione della sardina, un prodotto che Slow Food ha saputo riportare in auge e differenziare dalle imitazioni grazie a un percorso di valorizzazione e diffusione.
La pesca della sardina si pratica tutto l’anno, tranne nei mesi primaverili della riproduzione, e raggiunge il culmine nel periodo che va da novembre a marzo. I pescatori del Lago di Iseo escono al tramonto e posizionano le reti di profondità, in mezzo al lago, ad almeno 200 metri dalla riva, ancorandole alle apposite boe. All’alba ritornano e le issano. Le sardine sono subito sviscerate, lavate in acqua corrente e lasciate per almeno 48 ore sotto sale.
Dopo questo breve periodo di salatura sono poste a essiccare al sole e all’aria del lago per circa trenta o quaranta giorni. Per essiccare gli agoni si utilizzavano in passato rami di frassino o carpino, piegati ad arco e tenuti in posizione da fili tesi legati alle estremità: le sardine si infilavano, una ad una, in questi fili. Questa operazione era fatta solo nel periodo invernale, per evitare il caldo, che avrebbe deteriorato il pesce, e anche per scongiurare l’attacco degli insetti, soprattutto delle mosche. Oggi le strutture di essiccazione si sono evolute e vengono poste su appositi terrazzi ombreggiati. Il pesce viene inchiodato per la testa ai gancetti presenti sulle assicelle di legno che compongono le intelaiature, a file parallele.
Dopo l’essiccazione le sardine vengono disposte in modo concentrico all’interno di contenitori di acciai o di legno e vengono pressate per far uscire il grasso di colatura in eccesso, il quale viene subito eliminato. Dopo questa operazione le sardine vengono cosparse d’olio di oliva. Il periodo di conservazione dura diversi mesi, talvolta anche anni, avendo cura di cambiare l’olio dopo 9 o 10 mesi. Dopo qualche mese di maturazione le sardine diventano dorate e, una volta cotte, si possono mangiare. Il piatto della tradizione le vuole condite con olio, prezzemolo, aglio e servite con polenta: un piatto semplice ma dal sapore intenso e particolare.