Anche nelle acque di mari e oceani la temperatura cresce in modo preoccupante, un’altra conseguenza del riscaldamento globale che mette a dura prova l’ecosistema marino e la vita dei suoi abitanti. Se la temperatura sale infatti alcune specie rischiano di scomparire e altri organismi prenderanno il loro posto. Fino a poco tempo fa, a riva si trovavano frutti di mare, muscoli, patelle e persino ostriche, mentre oggi le scogliere si stanno desertificando.
E per pescare occorre andare sempre più lontano dalla costa, raggiungere le aree in cui la temperatura è più bassa e dove i pesci trovano le condizioni migliori per vivere. Così è per la triglia bianca, la razza e i gamberi. E per ottenere la stessa quantità di pescato di 10 anni fa lo sforzo è doppio, con tutto quello che ne consegue in termini di tempo e denaro.
Da oltre 20 anni assistiamo a periodiche morie di massa, come quella delle gorgonie, che sono coralli importanti perché ospitano molti pesci nelle fasi giovanili, ma anche di spugne e molluschi. Fenomeni devastanti, ma silenziosi e purtroppo sconosciuti al grande pubblico. E la morte di tante specie porta alla cosiddetta ‘omogeneizzazione del fondale’ che significa che nei nostri mari vivono sempre meno specie arborescenti e spugne, con una riduzione della biodiversità.
Tutto questo modificherà inevitabilmente anche le nostre abitudini a tavola, dato che sarà più difficile procurarsi certi tipi di pesce, crostacei o molluschi e magari con il tempo saremo invasi da prodotti provenienti da altri mari.
Che fare per correre ai ripari? Come si ripete da anni la prima cosa da fare è mitigare gli effetti del cambiamento climatico, la seconda è coinvolgere la politica attiva e i cittadini affinché si possa preservare il nostro Mediterraneo, attraverso comportamenti sempre più consapevoli nel rispetto dell’ambiente marino.